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Francesco Filippelli è un Pittore e Chimico nato a Napoli nel 1993, di origini Calabresi. Fin da piccolo dimostra una preferenza espressiva confluita verso le arti visive, che troverà pieno sbocco quando a 14 anni studierà a bottega dalla pittrice Francesca Strino. A 18 anni si accorge dell’evanescenza illusoria della realtà percepita, e spinto dalla volontà di liberarsi da questa angoscia nichilista intraprende gli studi sull’universo materiale, iscrivendosi alla facoltà di Chimica dell’Università degli Studi di Napoli Federico II. Dal 2010 partecipa a diverse esposizioni collettive in tutta Italia. Nel 2018 realizza la sua prima esposizione personale presso Palazzo Venezia, a Napoli.

Nel 2020 espone al PAN (Palazzo delle Arti di Napoli) con una personale dal titolo ‘I 7 Mari’. I suoi lavori compaiono in diverse riviste d’arte contemporanea e in alcuni cataloghi d’arte a cura del Prof.V.Sgarbi.

Sempre nel 2020, in visita nella Cappella Sansevero, osservando il ritratto del Principe Raimondo di Sangro coglie il segreto alchemico per la trasformazione dei dipinti, a cui lavorerà per i tre anni successivi così da perfezionare la tecnica del ‘Temporama Alchemico’ e realizzare i primi sei ritratti in trasformazione.

Attualmente Francesco affianca la professione di Pittore a quella di docente di Matematica e Scienze, titolare presso l’istituto IC Darmon di Marano (NA). Oltre l’ossessione per la pittura, è appassionato di fisica quantistica, arte marinaresca e tabacco.

L'effetto di trasformazione è puramente pittorico su tela senza l'ausilio di strumenti digitali.

Ottantamila volte e almeno una un po’ scomoda, nell’arco di una giornata, ricalchiamo la nostra presenza nel mondo, dissolvendoci nell’immagine spettrale del ricordo e, altrettante volte, sostiamo sul varco dell’ipotesi di un futuro tutto da camminare. In un’ora, tremilaseicento volte e una un po’ distratta, il nostro sguardo percorre il mondo, tentando di calcolare con precisione la collocazione dei suoi punti spenti rispetto alle nostre costellazioni, quasi avessimo un telescopio interiore, una lente o uno specchio, in grado di proiettare la reale fisionomia dell’essenza e il moto che anima le apparenze.
Qualcuno, nel frattempo, si è annichilito, un altro ha fantasticato. E, in un minuto, un’orda di almeno sessanta frangenti a colpo d’occhio sfuggono al quadrante del nostro tempo: è la vita che si manifesta senza sforzo, l’immediatezza e la spontaneità dell’accadere; quell’istante sempre anacronistico, sempre in trasformazione, che rompe la stabilità del caso, del tempo: l’atemporalità.

È davvero possibile per un dipinto inchiodarsi contro il tempo? Rappresentarlo come la vita che vive oltre la sua cornice? Come si dipinge il volto dell’immediato che è già passato, se lo attraverso, già eternamente lontano, se tento di trattenerlo? Questa particolare dimensione figurativa – lo confesso! -, reputavo fosse il limite della pittura, sia tradizionale, sia digitale. Sarebbe necessaria una magia – penserà a tutta prima chi ha «logica» da vendere! – o di un intervento superiore, come quello che gli antichi offrirono allo scultore Pigmalione nel mito, per oltrepassare il sogno dell’imitazione.
E invece no. No, perché l’ho vista, persino vissuta (ed è la prima volta assoluta nella storia della pittura internazionale), attraverso le opere, squisitamente su tela, dell’artista partenopeo. 

A cura di: Carmela di Maro

A Napoli sono stati appena esposti i primi quadri al mondo che si muovono.

L'opera è di Francesco Filippelli, un giovane artista che ho avuto la fortuna di conoscere.

Qui vi racconto la storia.

Video intervista con Francesco Filippelli.

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